Amori funesti

La raccolta si apre con un saggio, un’interpretazione in chiave psicoanalitica della novella Tancredi e Ghismunda di Boccaccio che narra l’amore di due giovani dall’esito funesto. I racconti che seguono sono storie di donne in un vortice di paura e di violenza, donne straniere che sono approdate in quello che avrebbe dovuto essere, per loro, il regno della salvezza ma che si presenta invece, per certi aspetti, più crudele della madre patria. Donne vere, reali, in carne e ossa, vittime ma, al tempo stesso, eroine del tempo presente. Vengono affrontati temi sociali di grande attualità, primo fra tutti quello della violenza alle donne, argomento caro e noto all’autrice grazie alla sua esperienza professionale di pedagogista in un centro di antiviolenza. Un’altra tematica che si intreccia con la precedente è quella dell’immigrazione ma si parla anche di malattia mentale, sia di quella degli uomini violenti che della protagonista, nel racconto La compagna del cardinale. Nel racconto dal titolo Come Dafne, l’autrice fa un parallelo fra la donna vittima di violenza e Dafne la protagonista delle Metamorfosi di Ovidio ma a differenza del mito “il suo Febo aveva portato a termine lo stupro e lei era rimasta in vita con le sembianze arboree”. C’è infine l’incontro dell’autrice con le diverse culture di alcune figure femminili immigrate, con le credenze peruviane e le usanze dei paesi dell’est Europa. Lo spazio dedicato ai bambini è minimo ma non marginale: è quello che viene dato loro da madri che non lo sono per scelta, da donne che non sono state amate e per le quali non è così spontaneo donare amore, bambini vittime di violenza assistita ovvero indiretta, quella che hanno visto infliggere dal padre alla madre, ma non per questo meno deleteria.

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Un pensiero su “Amori funesti

  1. Amori funesti

    Libro raffinato, quello di Monica Bocelli, che con una scrittura scorrevole riesce a portarci dentro il mondo femminile delle donne “offese” dalla vita, ma che a queste offese tentano, ognuna a suo modo, di reagire.
    Come archetipo di tale reazione è citata la novella boccaccesca di Tancredi e Ghismunda, padre e figlia. Ghismunda, pur combattuta fra l’amore filiale e quello per il suo amante vero e proprio, non cede al tentativo del padre di appropriarsi della sua vita ed afferma la propria libertà con un gesto estremo, degno delle migliori tragedie: il suicidio. Sottrarsi al proprio persecutore con l’autodistruzione è certo il gesto di maggiore rivolta e talvolta, soprattutto per le donne di un tempo, l’unico a loro disposizione.
    Oggi, per fortuna, molte donne possono contare sull’aiuto di persone preparate come Monica, l’autrice del libro, che forte della propria esperienza di pedagogista clinica, sa ascoltare, consigliare e guidare, pur restando dietro le quinte. E’ questo l’aiuto concreto che dà infatti a Katz, quella che lei stessa considera un po’ “l’eroina” del suo libro. Giovane madre polacca, emigrata in Italia dove si fa raggiungere dopo vari anni anche dal marito e dall’adorata figlia, si ritrova a lavorare incessantemente per mantenere un marito malato, violento e affatto desideroso di integrarsi nel contesto ospitante. Unica molla l’amore per la figlia e la fiducia, nonostante tutto, in un futuro migliore.
    La cosa che affascina in questo libro breve, ma profondo, sono i richiami letterari che l’autrice sa inserire con agilità, senza mai risultare pesante per il lettore, ed offrendo al contempo la possibilità di imparare cose nuove e riflettere su cose sentite dire, ma non approfondite. E’ il caso, per esempio,
    della spiegazione della “Sindrome di Stoccolma”, quella che lega il maltrattato al maltrattante in un complesso e perverso gioco psicologico, o della riflessione sulla parola “nostalgia” dalla fusione delle parole greche dolore e ritorno (inevitabile a questo punto il richiamo ad Ulisse).
    Passando da Primo Levi – testimone diretto dell’orrore dei campi di concentramento- a Giovanni Verga – per il tema della “perdizione” nei tentacoli della città – l’autrice dimostra anche la vicinanza ai grandi autori italiani che da sempre scandagliano l’animo umano e le sue reazioni al dolore ed alla sofferenza. Non mancano neanche richiami alla cultura classica, si veda la citazione di “Apollo e Dafne” dalle “Metamorfosi” di Ovidio, dove la fanciulla, pur di sfuggire al proprio aggressore, desidera, e ottiene, di cambiare completamente natura. Tale trasformazione salvifica non si verifica però nel caso delle normali fanciulle, che sopravvivono alle violenze subite e da esse vengono irrimediabilmente trasformate.
    Ci auguriamo, quindi, di leggere presto altri scritti della stessa autrice.

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