Avete letto Storia di un corpo?

Avete letto Storia di un corpo di Daniel Pennac? È uscito nel 2012, a me era sfuggito ma fortunatamente l’ho scoperto e lettoindex. Ebbene consiglio di farlo anche a voi per molte ragioni, sì c’è sempre una molteplicità di buone ragioni per leggere un libro. C’è sempre una miriade di spunti, di rimandi, di pensieri e riflessioni su di noi e su chi ci sta vicino. Un uomo nato il 10 ottobre 1924 e morto alla fine dello stesso mese del 2010 si racconta a sua figlia facendole recapitare a casa dopo il suo funerale il diario che ha tenuto da quando aveva dodici anni fino agli ultimi giorni della sua vita. Una vita come tante ma vissuta da un uomo che non si lascia scorrere la vita accanto anzi tutt’altro, molto ironico ma riflessivo e acuto. Fra le tante ragioni per cui valga la pena leggerlo una è che non potete perdervi le suggestioni presenti nel brano che vi riporterò qui di seguito:

“Frase villana di Bruno in reazione a un moto di stizza di Lison: “Cos’hai, il marchese? Lison, che forse aveva le mestruazioni – spesso dolorose -, ammutolisce sbigottita. E Bruno avvampa. Una costante storica, queste battutine dei maschietti sul ciclo delle ragazze. Subodorano un mistero femminile dal quale sono esclusi, la presenza di una complessità che fa della donna un mistero… L’offesa alla ragazza diventata donna quando il maschio è ancora ben lontano dall’essere uomo è la vendetta abituale dei ragazzi. Ma la forza normativa prodotta dalla duplice omonimia della regola* li intimidisce. Questa sorella che fingo di disprezzare è detentrice della regola. Possiede lo strumento di misurazione. Stabilisce le regole. Regola il corso degli astri. I maschietti vorrebbero che la parola suscitasse disgusto, invece i suoi omonimi mettono soggezione, nonostante i sostituti più o meno degradanti trovati nel corso delle generazioni: la pioggia, le purghe, le noie, il tributo mensile, il mar rosso… Sempre foneticamente, il termine generico “mestruo” suggerisce dal canto suo mostruosità vagamente ripugnante, di quelle che si “mostrano” ridacchiando.

Le mestruazioni… Sarà che mi sono documentato presto? Sarà il silenzio che ne negava l’esistenza nel mio ambiente familiare? Sarà perché, tra Mona e me, non hanno mai ostacolato la pratica dell’amore? Sta di fatto che, lungi dal farmene la rappresentazione satanico-ripugnante che era la norma storica della nostra civiltà fino alla mia giovinezza, le ho prese subito in simpatia. Quando ho capito che le donne avevano certe regole e a cosa servissero, e che peraltro esse vivono più a lungo degli uomini nonostante i numerosi parti e gli effetti devastanti del dominio maschile, quando ho fatto la somma di questi elementi, ho attribuito alle mestruazioni la facoltà di allungare la vita alle donne. Superstizione che coltivo ancora oggi e che, per quanto ne so, è priva di qualsiasi fondamento scientifico. Ho subito considerato il sangue come un carburante. E sapere che le femmine rinnovano ogni mese parte di questo carburante, purificando così l’intero serbatoio, mentre il nostro sangue circola a ciclo chiuso in un corpo che di conseguenza si abbonaccia più rapidamente del loro, presupporre questo, dico, mi ha ben presto convinto che le mestruazioni erano la garanzia primaria della longevità femminile. Credenza cui non sono mai venuto meno. Non dubito che sia un’idiozia, ma finora non ho trovato nessuno che me lo dimostrasse. Il mondo della mia infanzia era un mondo di vedove, il che avvalorava questa convinzione. E lo è anche il mondo di oggi, a giudicare da tutte queste vecchie senza vecchi. Che io sappia, queste vedove non hanno tutte assassinato il marito, e le guerre, per quanto devastatrici, non bastano a spiegare questa costante dell’umanità: le donne vivono in media, più a lungo degli uomini. Grazie alle mestruazione, dico io.

Ci penso ogni volta che trovo dei tamponi in un cassetto del bagno o nel beauty-case di Mona quando siamo in viaggio. Non che le contempli rapito o intenerito, ma quelle cartucce di avvenire, diligentemente allineate nella scatola, con la loro brava miccetta, mi ricordano immancabilmente la mia convinzione; grazie alle mestruazioni, le donne vivono più a lungo degli uomini.”

Spassoso ironico e veritiero anche il passo in cui parla del figlio adolescente

Dopo una cena silenziosa, Bruno va a letto senza dire una parola, in volto un’assenza di espressione che vorrebbe essere espressiva. Negli ultimi tempi, la scena si ripete spesso. Siamo in piena adolescenza. La faccia che rivolgiamo agli altri membri della famiglia ci esime dalla corvèe orale. Pratichiamo il silenzio eloquente. Portiamo in giro il volto come una radioscopia dell’anima. Purtroppo i volti non dicono niente. Appena un fondale dove si specchia la suscettibilità del padre. Che cosa ho fatto a mio figlio per meritarmi questa faccia da funerale? Si domanda il padre con tutto l’infantilismo che un simile enigma porta con sè; poco ci manca che gridi: Non è giusto! La faccia di Bruno mi ricorda quel cortometraggio di Kulezov (il regista russo) in cui si vede il volto di un uomo filmato di fronte, in primissimo piano, che si alterna con le inquadrature di un piatto di cibo, di una bambina morta in una bara e di una donna stesa languidamente su un sofà. Il volto dell’uomo è assolutamente inespressivo ma, quando è al di sopra del piatto, lo spettatore trova che esprima la fame, alla vista della piccola morta che esprima la disperazione, e un desiderio ardente alla vista della donna coricata. Eppure è la stessa inquadratura dello stesso volto, assolutamente inespressivo.Parla, figlio mio, parla. Dammi retta, è ancora quel che abbiamo trovato di meglio per farci capire.”

 

E poi vi sono importanti riflessioni del protagonista sulla propria senilità e sul grande legame affettivo con il nipote. Fa sorridere,  riflettere e aiuta a farsi spazio nell’intricato percorso che si chiama vita.

 

*In francese règle, il cui plurale règles significa anche mestruazioni. [N.d.T.]