Lettera ai detenuti

whatsapp-image-2019-10-13-at-14-29-14Cari detenuti,

stiamo facendo tutti grandi sacrifici e umilmente vi chiedo di farne anche a voi, nonostante non possa comprendere fino in fondo cosa si prova a stare rinchiusi in galera e per questo vi chiedo scusa anticipatamente se parlo senza una conoscenza che viene dall’esperienza. I bambini e i ragazzi non possono andare a scuola e non è vacanza quindi neppure loro gioiscono, anche coloro che non la amano in questi giorni ne sentono la mancanza, se non delle materie di insegnamento sentono quella dei rapporti sociali con amici e insegnanti. Ma forse l’esempio più calzante e per certi aspetti più vicino a quello che state vivendo voi potrebbe essere quello degli anziani nelle RSA. Anche loro per certi aspetti “reclusi” con le dovute virgolette, anche loro privati delle visite dei parenti. Mio padre ha superato gli ottanta, in seguito ad una caduta avvenuta il 24 novembre 2017 non ha più potuto camminare, ha perduto la sua autonomia e dal mese di novembre 2018 è in RSA. L’ultima volta che sono stata a trovarlo risale al 16 febbraio poi per le misure cautelari contro il coronavirus, la struttura ha mandato una mail a me come agli altri parenti dei pazienti chiedendoci di interrompere le visite. Non starò a dirvi quanto siano importanti anche per loro come per voi le visite dei parenti. Mio padre, non ha perso la testa, ha perso l’uso delle gambe e quindi l’autonomia, ha i riflessi rallentati, gli occhi spenti e difficoltà a seguire i ragionamenti, si dimentica quello che gli dico e me lo richiede poco dopo. Ogni volta che vado  a trovarlo, mi siedo accanto a lui e mi chiede dei suoi unici due nipoti, vuole sapere che fanno, se studiano, se si divertono quando sono a sciare, se a Niccolò piace ancora tanto andare a calcio, se Federico è contento di fare atletica e se si divertono quando vanno agli scout. Sono gli unici interessi rimasti vivi in lui, non legge più, non ama parlare con gli altri ospiti, segue un po’ di notizie al telegiornale e attende l’ora dei pasti e quella per andare a letto ogni giorno. L’ho chiamato dopo aver letto la mail della struttura, anche sentirsi per telefono non è facile, spesso non lo sente suonare e quando risponde non sente bene, forse non tiene il cellulare vicino all’orecchio, parla piano e con la voce sempre più impastata e così anch’io faccio fatica a sentire quel che dice, cerco di immaginarlo e provo a dare delle risposte: “Sì i ragazzi stanno bene, no non ci sono in casa, uno è calcio e l’alto è da un amico… sì io sono in casa, sto preparando la cena, tu hai mangiato? Che cosa hai mangiato? Sei pronto per andare a letto? Babbo, hai sentito del coronavirus? Per un po’ di tempo non potremo venire a trovarti, ah sì lo sapevi? Bene. Ci sentiremo più spesso. A presto babbo, buonanotte.”  E’ difficile per tutti, gli anziani sono la categoria più a rischio, possono morire se lo prendono forse merita fare uno sforzo e lo sforzo più grande lo fanno proprio loro a dover rinunciare anche a quei pochi momenti in cui vedono le uniche persone che amano, le uniche con cui hanno un legame affettivo. Lo stesso sacrificio vorrei chiederlo a voi e ai vostri parenti, coniugi, figli, genitori, fratelli, sorelle e amici.

Grazie.

In foto la dama realizzata interamente dal babbo quando stava bene, nella sua casa e si dedicava per hobby a lavori di falegnameria.