Sex addiction. Perché questo argomento?

La forza di una donna fragile è il mio primo romanzo, non è una storia vera e la protagonista è un personaggio immaginario ma nascosti tra le pieghe della trama vi sono personaggi realistici e altri reali…  E’ una storia scaturita dalla fantasia ma vi sono anche episodi realmente accaduti, quindi c’è una commistione tra reale e immaginario…che è del resto quel che accade sovente nella vita di ognuno di noi. Le due sfere non sono sempre nettamente separate, si influenzano a vicenda. Sono trascorsi due anni e mezzo da quando è uscito, le prime due presentazioni sono state fatte nel maggio 2019 all’interno della rassegna Il Libro del vicino e la terza il 22 ottobre 2021 all’interno della rassegna l’eredità delle donne. In questo lasso di tempo, la domanda che mi sono sentita fare più spesso finora sia da chi lo ha già letto ma anche da chi non lo ha ancora fatto è stata: ma perché questo argomento? Non c’è un motivo particolare per cui scrivo di un argomento piuttosto che di un altro, anzi non scrivo di un argomento, scrivo di persone, non c’è un’intenzione, uno scopo, almeno all’inizio. Sono i personaggi che prendono vita quasi in maniera autonoma, iniziano a muoversi all’interno dello scenario della mia mente. La protagonista di questo romanzo è da tanto che vive dentro di me, poi un giorno ho deciso di metterla su carta e il suo disturbo non è nato con lei è emerso dopo e sentivo che era una sua particolarità ed era sempre più intrinseca a lei. Inizio a scrivere perché ho voglia di farlo perché qualcuno o qualcosa mi offre l’input per dar vita ad un personaggio e poi a tutti gli altri che ruotano attorno. I motivi inziali sono questi se ce ne son altri al momento non ne sono consapevole. Poi dopo aver narrato di una persona che soffre di sex addiction  mi sono accorta che di questa condizione non se ne sa abbastanza e quel poco che sappiamo è filtrato da pregiudizi, luoghi comuni, stereotipi e giudizi di valore soprattutto se legato alle donne. Inoltre emerge specialmente la sex addiction legata al mondo virtuale, alle hot line, alla pornografia in rete ecc. invece ho voluto raccontare qualcosa che fosse più “umano” cercando di non banalizzarlo o etichettarlo sotto quel termine obsoleto che è la ninfomania o depravazione, cercando di portare grande rispetto per questo tipo di dipendenza e per le persone che ne soffrono. Un po’ per tutte le forme di dipendenza vi è la tendenza a colpevolizzare chi le possiede, si pensi all’alcolismo o alla dipendenza da sostanze, sotto sotto c’è sempre una convinzione più o meno consapevole che se le siano cercate o che non siano stati abbastanza forti da non caderci. I preconcetti e le idee preconfezionate, suggerite in qualche modo dalle ripetizioni frequenti ci impediscono di riflettere, di ascoltare, di pensare e ci fanno cadere nella grande massa giudicante priva di pensiero critico.

Fra i vari personaggi che ruotano intorno a Wony c’è la sorella, con la quale ha una relazione quasi simbiotica, caratterizzata da un profondo amore ma anche da grande sofferenza. Tutto si snoda attorno a questo rapporto che contraddistingue le loro vite fin da bambine. Si tratta di un fortissimo legame non privo come di solito accade di contraddizioni ma molto molto intenso. Di nuovo partisti per quel paese lontano, è l’incipit del quarto capitolo che fa sentire tutta la profonda e devastante malinconia della sorella quella presente e soprattutto quella passata che ha accresciuto il senso di isolamento in lei. Ma la solitudine non ha solamente effetti nefasti, se la si sa tenere con noi può aiutarci a riflettere e comprendere meglio noi stessi e gli altri. E’ grazie a questo isolamento che la sorella comprende che Wony è stata una ragazzina oblativa “poiché hai soddisfatto i bisogni altrui senza chiedere niente in cambio fino a sacrificare te stessa e le tue esigenze” . Apro una breve parentesi, i bambini oblativi sono quelli che di solito vengono definiti bravi bambini, a loro i genitori chiedono di aiutare i fratelli, gli insegnanti chiedono di aiutare i compagni in difficoltà, su di loro si può fare affidamento, ci si può contare a volte anche più che su altri adulti. Addirittura prevengono le richieste che possono esser fatte loro. In genere nessuno si preoccupa per bambini troppo bravi, soprattutto se in famiglia ce n’è un altro che è all’opposto come nel caso delle sorelle di questo romanzo e quindi passano inosservati. Possono però sentirsi molto soli e soffrono perché si sentono amati non per se stessi ma solo perché sono bravi bambini. La sorella dice di se stessa che era ribelle, testarda, capricciosa e che mostrava solo il peggio di sé e secondo lei Wony in opposizione ha dovuto sviluppare quello che viene definito un falso sé che è una “corazza” che il bambino e nel nostro caso la bambina costruisce per difendersi e proteggersi da un ambiente che si mostra incapace di accogliere le sue richieste. Questa corazza la terrà al sicuro per buona parte della sua vita ma ad un certo punto inizierà a sgretolarsi sia grazie all’amore della sorella che quello di un uomo. La sorella ha un ruolo chiave nel far prendere coscienza del suo disturbo. Come spesso accade chi soffre di una dipendenza non è del tutto conscio. La coscienza tende a mettere in atto dei meccanismi di difesa per negare, sminuire o razionalizzare il problema. In questo caso Wony giustifica il suo comportamento con spiegazioni ben articolate e possibilistiche quali il bisogno di sentirsi libera da legami affettivi e questo sarà il motivo per cui anche la sorella almeno all’inizio, penserà che sia una cosa normale, non è come me, non vuole la famiglia, ha una mente aperta, non tradisce né ferisce nessuno…ma con l’andare del tempo la sorella ascolta sempre di più i suoi dubbi, le sue preoccupazioni e sarà proprio grazie a questo ascolto che e alla fiducia nelle proprie sensazioni chezom riuscirà ad aiutare Wony.